“Non c’è startup senza capitale” è la terza puntata del podcast dell’Avvocato delle Startup, “La Guida alle regole dell’innovazione“. In questa puntata parleremo di dove una startup può trovare capitale per finanziare la sua attività. Verranno analizzate le varie forme di finanziamento a disposizione di una startup, dalla famiglia agli investitori istituzionali e qualificati passando per il SAFE.
Trovare i soldi per fondare una startup e farla crescere può essere un’impresa ardua.
La terza puntata del podcast dell’Avvocato delle Startup vuole guidare l’imprenditore nella ricerca del capitale necessario, aiutando a districarsi tra le differenti forme di finanziamento possibili. Soprattutto perché ne esistono svariate e la scelta della forma più adatta dipende da vari fattori, tra cui lo stadio di sviluppo della startup, il tipo di business e le esigenze di finanziamento.
La prima tappa delle varie fasi di finanziamento di una startup dovrebbe essere sempre il capitale proprio dei fondatori. Fondamentale, perché dimostra quanto l’imprenditore creda nel progetto, attirando così i primi investitori esterni. In gergo, si parla in questo caso di FFF, acronimo di Family, Fools & Friends (cioè family, chi ti ha messo al mondo, fools, chi è tanto pazzo da crederci e friends, chi ti vuole bene come a un fratello) o di bootstrapping.
Ma c’è anche il crowdfunding, che può rappresentare un’ottima opzione per le startup che hanno un prodotto o un servizio con un forte appeal emotivo per il pubblico (vedasi le voci di glossario Love Capital e Equity Crowdfunding). E pure gli investitori qualificati come Business Angel e i Venture Capital, oggetto di interesse nelle fasi di sviluppo più avanzate.
IL SAFE, IDEALE PER LE PRIME FASI
E poi c’è il SAFE, acronimo di Simple Agreement for Future Equity, uno strumento relativamente nuovo che offre un modo flessibile per raccogliere capitali in fase iniziale. Con un SAFE, gli investitori ricevono la possibilità di convertire il loro investimento in azioni della società in un momento futuro a determinate condizioni.
È particolarmente interessante quindi per una startup con un elevato potenziale di crescita che non desidera definire subito la sua valutazione. Ovviamente è una soluzione particolarmente adatta per startup che si trova nelle prime fasi di sviluppo (seed funding e pre-seed solitamente) che necessita di un finanziamento iniziale flessibile per far decollare il progetto.
La sua particolarità è appunto che consente di differire la valutazione della startup a un momento successivo, quando il progetto avrà raggiunto una fase più matura, tipicamente in occasione del primo round di una startup, il cosiddetto Round A, e il suo valore sarà probabilmente più elevato.
In Italia, l’utilizzo del SAFE è ancora in fase embrionale, ma sta guadagnando sempre più popolarità tra i founder di startup e gli investitori. La sua semplicità, flessibilità e i suoi vantaggi per entrambe le parti lo rendono però uno strumento prezioso per finanziare le startup italiane nelle loro prime fasi di vita.
DOVE TROVARE LA TERZA PUNTATA
Potete trovare la terza puntata del podcast dell’Avvocato delle Startup, “La Guida alle regole dell’innovazione” sulle principali piattaforme. Eccole:
Quella che state per leggere è una chiacchierata tra l’Avvocato Cristina Crupi e l’imprenditore digitale Mario Moroni.
L’abbiamo divisa in quattro brevi capitoli per semplicità di comprensione degli argomenti trattati.
Buona lettura!
I TIPI DI CAPITALE
Cristina Crupi: Ciao Mario, trovare i soldi per fondare una società e proseguirne il percorso può essere estenuante. Vediamo come possiamo aiutare le nostre amiche e i nostri amici founder con semplici indicazioni.
Mario Moroni: Di solito si ricorre al proprio capitale, a quello di famiglia e amici, e se non si hanno queste possibilità si passa al SAFE, al crowdfunding e agli investitori qualificati. Anche qui però bisogna sapere come districarsi!
Cristina Crupi: Reperire il denaro, necessario per dare benzina all’idea innovativa, svilupparne il prodotto o il servizio e tutto ciò che serve per arrivare sul mercato è uno dei primi, e forse il più grande, dei problemi che una startup innovativa incontra lungo la strada verso il business.
Mario Moroni: Quali sono le possibili fonti di finanziamento per le startup?
Cristina Crupi: La consapevolezza che la primissima fonte di finanziamento è e deve essere il capitale proprio è fondamentale. Una startup non può che partire dall’investimento iniziale, seppur modesto, dei soci stessi. È necessario sia per essere credibili sia perché il capitale proprio non produce interessi e, quindi, nell’ottica del contenimento dell’indebitamento, è certamente una cosa positiva.
Mario Moroni: Però è risaputo che il capitale proprio a un certo punto non basti e siano necessari ulteriori fondi. Cosa fare?
Cristina Crupi: Dopo il capitale proprio ci si può rivolgere ai cosiddetti family & friends, ovvero a coloro che ci credono e vogliono contribuire a realizzare il sogno dei soci fondatori.
E dopo ancora si deve fare una valutazione per capire se il business consente o meno di attivare una campagna di crowdfunding.
IL CROWDFUNDING
Mario Moroni: Negli anni il crowdfunding, o finanziamento collettivo, si è affermato come forma di finanziamento per le startup e le piccole e medie imprese, riguarda generalmente investimenti di “piccola” entità e ben si adatta a prodotti o servizi ad impatto emotivo sulla folla.
Cristina Crupi: Il crowdfunding consente di raccogliere capitali da un gran numero di persone, ciascuna delle quali contribuisce con importi di investimento relativamente limitati su una piattaforma online, accessibile al grande pubblico. I servizi di crowdfunding sono aperti a un gruppo illimitato di investitori: è una raccolta di fondi principalmente da persone fisiche, anche chi non ha a disposizione un alto patrimonio. Il crowdfunding ha ormai una sorta di “passaporto europeo”: è disciplinato da una serie di regole comuni per tutta l’Europa, certe e chiare, per proteggere gli investitori, eliminando quelle barriere che impediscono alle piattaforme di crowdfunding di operare a livello transnazionale.
Dall’archivio |
Il Regolamento Europeo 2020/1503
Leggi l’articolo dell’Avvocato delle Startup Cristina Crupi contenuto nel volume “Equity Crowdfunding: la strategia perfetta“, edito nel 2023 da Franco Angeli. L’opera a cura di Giuseppe Viola raccoglie il contributo mio e di diversi professionisti e attori del settore e si rivolge a startup e PMI che si apprestano a preparare una campagna di Equity Crowdfunding.
IL SAFE COME CAPITALE
Mario Moroni: Tra le varie soluzioni che hai elencato ce n’è una che mi incuriosisce: cos’è e come funziona il SAFE?
Cristina Crupi: In fase seed o pre-seed funziona molto bene, è il cosiddetto Simple Agreement for Future Equity, uno strumento ancora poco conosciuto e poco applicato in Italia, ma è una alternativa concreta alle diverse opzioni di raccolta di capitali per i founder di una startup con importanti aspettative di sviluppo.
È stato creato dal team di un acceleratore statunitense, ed è un metodo semplice per investire nella fase iniziale di una società. In pratica, consente di investire in una startup, ottenendo le relative quote o azioni in un secondo momento, al verificarsi di uno specifico evento che immette nuova liquidità in azienda (nuovo finanziamento, aumento di capitale, vendita quote di partecipazione, e altro ancora) e a condizioni di favore rispetto a coloro che investono successivamente.
Mario Moroni: Un contratto di investimento e chi investe riceve in cambio uno strumento finanziario partecipativo, che gli attribuisce il diritto di convertire in equity a un prezzo di favore, quando arriva la liquidità.
Cristina Crupi: Esatto. La società utilizza l’importo per implementare il proprio business model e gli investitori che hanno la possibilità di finanziare nuovi business con piccoli investimenti, garantendo all’iniziativa di crescere nelle fasi iniziali e di convertire le somme investite in quote (o azioni) della società finanziata a condizioni di favore rispetto a chi investono nei successivi round di finanziamento. Una bella opportunità sia per i founders sia per chi vuole investire. Inoltre il vantaggio è che è un documento semplice. I SAFE sono facili da definire e stipulare tra l’investitore e la società.
GLI INVESTITORI QUALIFICATI
Mario Moroni: Cosa succede invece nelle fasi più mature del business?
Cristina Crupi: In questo caso ci si può rivolgere agli investitori più qualificati. Prima ai Business Angel e dopo ai Venture Capital che, generalmente, operano attraverso fondi di investimento, con criteri oggettivi e metodologie molto ben definiti.
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